Chi ha scelto EPDItaly si racconta: Trafo Elettro

Mattia Pallone, QHSE Manager, Trafo Elettro

 

Trafo Elettro nasce nel 1969 in un piccolo laboratorio ed è ora è una delle aziende leader sul mercato per la fabbricazione di apparecchi elettrici, materiali elettrici e componenti elettronici. Trafo Elettro investe ogni giorno per migliorare il servizio al cliente, la qualità dei prodotti e la riduzione dell’impatto ambientale.
L’azienda veneta ha deciso di affidarsi a EPDItaly per ottenere la certificazione EPD su diverse tipologie di prodotti.
A tale proposito, abbiamo intervistato Mattia Pallone, QHSE manager, che ci ha raccontato le motivazioni che hanno spinto la società ad adottare la certificazione EPD e quali sono i vantaggi di tale documento.

Quali sono le motivazioni principali che vi hanno spinto verso la certificazione volontaria EPD?

La spinta iniziale è nata da una richiesta specifica di un cliente. Abbiamo però scelto di non limitarci a “compilare” un requisito, ma di trasformarlo in un progetto strategico: sviluppare internamente LCA ed EPD per integrare competenze, dati e metriche ambientali nel processo decisionale aziendale. In quest’ottica, l’EPD evolve da adempimento formale a vero abilitatore di governance: consente tracciabilità delle ipotesi, comparabilità degli scenari, presidio metodologico e coerenza con le politiche ESG. Ne è derivato un rafforzamento del dialogo lungo la catena del valore (fornitori, clienti, auditor), una maggiore capacità di benchmarking e la definizione di roadmap di miglioramento con KPI misurabili e verificabili. In sintesi, abbiamo internalizzato competenze critiche, riducendo dipendenze esterne e abilitando un ciclo virtuoso di miglioramento continuo.

Quali prodotti della vostra azienda hanno ottenuto la EPD e quali sono le loro principali caratteristiche?

Abbiamo ottenuto EPD per tre gamme di trasformatori in resina da 2500 kVA già in produzione e per un trasformatore in resina da 3500 kVA attualmente in progettazione, la cui EPD è condizione necessaria per partecipare a un bando d’offerta. Si tratta di macchine progettate per affidabilità e sicurezza, con attenzione all’efficienza in esercizio e alla manutenibilità. L’analisi LCA copre l’intero ciclo di vita e consente di quantificare impatti e benefici lungo le fasi A–C, con dati primari di sito e background qualificato, includendo scenari di utilizzo e fine vita coerenti con le applicazioni reali.

Quali sono i principali vantaggi ottenuti dalla pubblicazione della Dichiarazione Ambientale di Prodotto e quali le ricadute sul consumatore finale?

Il vero salto di qualità, per noi, è stato acquisire le competenze: oggi sappiamo costruire e leggere un LCA/EPD, aggiornare gli scenari, dialogare con i fornitori sui dati e tradurre risultati tecnici in decisioni operative su materiali, logistica e fine vita. Questo significa una riduzione delle dipendenze e dei tempi di risposta, maggiore velocità nell’iterazione progettuale, capacità di simulare alternative e, soprattutto, un presidio metodologico che consolida la nostra autonomia. Per il cliente, il beneficio è concreto: informazioni comparabili e verificate per scelte d’acquisto consapevoli, minor rischio di greenwashing e dati immediatamente integrabili in capitolati, gare e reporting ESG. L’EPD abilita decisioni basate su dati oggettivi sia lato produttore sia lato utilizzatore, accorciando il tempo tra analisi, scelta e implementazione. A ciò si aggiunge una migliore prevedibilità delle prestazioni ambientali lungo l’intero ciclo di vita, utile per pianificare manutenzioni, costi totali di possesso e obiettivi di riduzione delle emissioni.

Pensa che EPDItaly possa contribuire a diffondere la cultura della sostenibilità di prodotto?

Sì, perché opera su leve pragmatiche. EPDItaly mette a disposizione PCR chiare, verifiche indipendenti e un registro pubblico che rende i numeri trasparenti e accessibili, favorendo fiducia lungo la filiera e spostando l’attenzione dai claim ai miglioramenti misurabili. Se continuerà ad affiancare al registro strumenti operativi — esempi applicativi, webinar mirati, linee guida per la raccolta dati e la modellazione — il trasferimento di competenze diventa sistematico. La convergenza metodologica con gli standard europei consolida la coerenza dei risultati e riduce gli oneri di “traduzione” tra buyer e supplier. In questo modo la cultura della sostenibilità di prodotto passa da iniziativa “spot” a pratica organizzativa stabile, collegata a processi e obiettivi.

Quanto è importante, secondo lei, la presenza di prodotti sostenibili italiani all’interno di un Program Operator che fa del network internazionale uno dei suoi punti di forza?

È importante per motivi molto pratici: i mercati esteri chiedono regole comuni e risultati leggibili ovunque. Avere trasformatori made in Italy con EPD riconosciute in ambito internazionale garantisce metodo allineato e comparabilità immediata. Per l’export significa capitolati più chiari, meno ambiguità nei requisiti e tempi più rapidi nelle valutazioni; per i partner e i clienti stranieri, una base oggettiva su cui confrontare soluzioni concorrenti. In sostanza, si valorizza la qualità della manifattura italiana con numeri verificati, si semplificano le interlocuzioni tecniche e si aprono con maggiore facilità nuove opportunità commerciali. Questo posizionamento, inoltre, favorisce relazioni di lungo periodo con gli stakeholder e rende più agevole l’ingresso in mercati regolati dove la misurazione degli impatti ambientali è già parte integrante dei requisiti di fornitura.